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Titoli di Stato di Paesi Emergenti

Last Updated on 27/07/2024 by bowman



Ad ottobre del 2019, dopo 10 mesi di
mercato toro sia sul governativo, sia sull’azionario (e se avete portafogli in
perdita in questo periodo iniziate a cambiare consulente), andiamo ad
interrogarci su una asset class estremamente interessante.

I titoli di Stato non sono, sempre, gli
asset ‘prudenti’ e ‘stabili’ che l’immaginario comune suggerisce. Ci sono i
cosiddetti titoli di Stato di quei paesi definiti (con un po’ di
generalizzazione purtroppo, ma gli indici devono seguire qualche criterio per
essere costruiti) ‘emergenti’.
Parliamo della parte ancora in via di
sviluppo o con ampi spazi di sviluppo del mondo, o dove il reddito non è ancora
ai livelli di Europa, UK, USA, Giappone, Australia, Canada ed il restante ‘primo
mondo’.
Paesi con strutture politiche più instabili
o dubbie per i nostri canoni (pensiamo al “comunismo” cinese) ed a paesi più
instabili politicamente.
Io questa volta parlo di Titoli di Stato
proprio perché andando sul debito societario entriamo in un’analisi di secondo
livello e di merito ancor più complesso. Ma già fermandoci ai titoli di stato
finanziando Turchia, India, Indonesia, Brasile, Russia, Filippine non facciamo
proprio la stessa cosa che finanziare USA, Gran Bretagna e Germania. Gli ordini
di grandezza sono diversi… i raggruppamenti con cui si costruiscono gli indici
pure.
Inutile dire che puntare su una singola
valuta emergente (svalutabile con un proclama della banca centrale locale o per
conflitti locali o cadute di dubbi governi) o un singolo paese suscettibile di
default parziali o totali il rischio è altissimo e l’opportunità pure (ne sa
chi si è rotto le ossa con la lira turca o con i bond argentini), ma andiamo a
parlare di speculazione e non di investimento, per come la vedo io. Allo stesso
modo si muovono, su questi asset, gli “asset manager” i nostri amati fondi
comuni e Sicav. Io SCONSIGLIO di utilizzare investimenti non indicizzati in
questo campo: rifugiatevi in un ETF con ‘relativa’ fiducia, ma soprattutto con
spirito di diversificazione. I danni che può fare (e che spesso fa) un gestore
attivo su questa roba sono esagerati, ne parlo da sottoscrittore occasionale di qualche Sicav tra le più blasonate: il gestore flessibile ‘total return’
punta alle volte a concentrare, soprattutto se ci sono commissioni di
performance (mai e poi mai fondi con commissioni di performance, soprattutto
flessibili, non è questione di quantità della commissione, è che spingono i
gestori a fare ‘cose brutte’), su singole strategie che quando falliscono gli
fanno fare belle mosse del tipo “metto dentro la lira turca perché da il più
alto dividend yeld che mi sono dato come obiettivo di return… poi quando il
merito creditizio del paese ne risente switcho tutto sulle filippine sui
minimi. E quando si riallinea ritorno lira turca sui massimi” e insomma… una
marea di buchi nell’acqua.
Parliamo quindi, di indici e di titoli di
stato di paesi emergenti.
C’è poi obbligazionario emergente ed
obbligazionario emergente.



Emergente Governativo in Valuta Locale: in assoluto il più speculativo.
Dopo il recupero di euro/dollaro dopo la grande crisi per capirci non è mai più
tornato ai livelli di prima (mentre l’azionario o l’obbligazionario sono tutti
in stra-guadagno). I rendimenti sono alti, le oscillazioni sono paragonabili
all’azionario, va considerato però un asset molto de-correlato. Ad esempio se
oggi sei quasi sicuro che in futuro l’obbligazionario scenderà e che
l’azionario ormai è maturo, puoi cercare redditività da queste parti, da usare
con prudenza.



Emergente Governativo in Dollari: tra i migliori dato che molti debiti
importanti di questi paesi sono in questa valuta. Soprattutto i debiti di
qualità più alta. Certo sei esposto a rischio dollaro (per dire ai tempi di
Leman il dollaro scese e lo penalizzò). Ed è comunque un ‘governativo’ che
oscilla circa come un obbligazionario high yield.



Emergente Governativo Euro Hedged: di fatto è il precedente con aggiunta
di copertura valutaria. Per noi è più stabile. Però l’hedging diventa un costo
se gli scommetti contro. Di solito in una fase di rialzo dei tassi negli USA il
governativo emergente si sgonfia per via dell’ovvio spostamento “non
finanzio più l’Indonesia dato che zio Sam mi da il 3,5%!” ed il dollaro
rialza colpendo duro l’euro hedged: in questi scenari ti trovi sotto del 25% su
questi investimenti dall’oggi al domani… è ovvio che invece è ottimo per fare
il processo inverso (dollaro/usa in affanno, soldi verso il governativo EM,
dollaro che scende).
Osserviamo la decorrelazione di questi tre
asset (gli ETF relativi li trovate nel mio catalogo, alto a sinistra) nelle
fasi più salienti degli ultimi anni:


2008 il grande crollo: Qui abbiamo quello
in dollari (gli altri ETF che ho usato nell’esempio non li avevamo ancora su ETFPlus): crolla Leman
Brothers e scende del 30% (quasi la metà dell’azionario), questo nella sfiducia
e panico totale di periodo. Alla fine del mese del fallimento di Leman già
eravamo in recupero a -15%. Il ritorno ai massimi assoluti si riottiene ad
aprile 2009. Da allora divenne una sorta di rifugio: i soldi scappavano dagli
USA e dove andavano? Teniamo conto che per noi, trattando in dollari, l’effetto
è stato frenato da una svalutazione del dollaro.


2011 i PIGS spaventano i mercati: a
novembre del 2011 il nostro BTP tocca un rendimento del 7,5% l’anno sul decennale,
la Grecia si avvia verso il ‘restricted default’ di quell’inverno. Lo S&P500 ne
risente (-5/-10%) e l’eurostoxx600 anche di più (-15%), l’obbligazionario
emergente risulta assolutamente market neutral a questa turbolenza.


2015/2016 la sfiducia: estate 2015 la banca
cinese svaluta lo Yuan, iniziano fibrillazioni sui mercati. La volatilità si
abbatte sugli stock a gennaio 2016 come un maglio. Qui l’esempio è da manuale: l’Europa
arriva a toccare un -25%, gli USA sfiorano il -20%. L’obbligazionario emergente
in valuta risente abbastanza delle svalutazioni d’ufficio di importanti valute
emergenti e arriva a -13%, ma quello in dollari è quasi neutrale al mercato
(volatilità intorno al 6%) e quello con hedging lima il rischio con una
volatilità addirittura inferiore, da titolo di stato europeo…


2018 brutta annata: storicamente dazi e
guerre commerciali non hanno mai portato niente di buono, il tentativo di exit
strategy da tassi minimi della FED ha fatto il resto. L’azionario USA per un
periodo ha guadagnato, ma da 1 febbraio 2018 a 31 dicembre ha subito
oscillazioni del 11-12%. L’azionario europeo è andato a picco, un affondo quasi
continuo per un lunghissimo anno lasciando sul tavolo un -17%. L’obbligazionario
emergente è stato, per l’ennesima volta, un buon diviersificatore, anche se qui
è cambiato molto in base alla strategia. Le valute emergenti hanno subito danni
seri dalla politica monetaria globale (si pensi sempre alla lira turca!) con
oscillazioni superiori al 10% ma alla fine ritracciando con la fine delle paure
valutarie (e chi ha mediato ha guadagnato!). L’hedging sull’euro è stato un’arma
a doppio taglio: invece di compensare con la valuta forte si è assicurato
contro l’unico asset che galoppava, il dollaro, ma alla fine ha avuto flessioni
pari a metà della performance dell’azionario europeo ed è andato meglio dell’azionario
USA e comunque con movimenti antitetici (stabilità nei portafogli multi-asset).
Il campione è il titolo di stato USA, che ha compensato i problemi delle valute
con la crescita del dollaro salvando i portafogli da un anno “nero”.

Ovviamente nel lungo termine l’andamento di
questi asset, obbligazionari, è ben diverso dalla redditività dell’azionario:



Negli ultimi 7 anni il campione è l’azionario
USA, secondo l’azionario Europa, poco sotto l’obbligazionario emergente in
valuta ‘forte’, un discreto distacco per quello che ‘paga’ a questo punto il
costo dell’hedging ed infine le valute locali, con il loro rischio valuta
aggiunto alla naturale volatilità dell’asset, ci avrebbero restituito, nel
lungo periodo, un rendimento quasi nullo, negativo considerando l’inflazione di
periodo.
Insomma questo asset (Titoli di Stato di
Paesi Emergenti) è molto interessante, anche se, come abbiamo visto, oscilla
molto più di altri obbligazionari di minor rischio valuta e di maggior merito
creditizio. Soprattutto, abbinato ad altri asset più volatili (azionari vari)
segue il ciclo economico con trend molto differenti e nel breve anche la parte
meno ‘qualitativa’ (le valute locali) può riservare le migliori opportunità.


NDR:
Nell’ultimo grafico, dopo verifiche, i dividendi sono in effetti conteggiati nella performance, mi ha tratto in inganno la performance di JPM EM Market Local Gov Bond, ma poi mi sono accorto che Quantalys da come indicazione “dati insufficienti”, quindi probabilmente non mancavano i dividendi solo, ma era proprio falsato l’andamento. Ho provato a rifarlo su Morningstar ed anche come grafico con dividendi i conti non mi tornano molto. Consideriamolo un ‘canovaccio’ sull’andamento con dividendo. Controllando i prezzi (in euro) il JPM Em Market Local Gov Bond nel periodo ha compensato con la distribuzione una brusca discesa delle quotazioni iniziali, gli altri hanno grossomodo difeso l’una e l’altra cosa. Il sito www.borsaitaliana.it è forse tra i più precisi per i dati del singolo titolo in euro e senza considerare il dividendo.


Ma quanto se ne dovrebbe inserire in
portafoglio?
Io nelle mie simulazioni mi regolo così per
periodi temporali di almeno 6-7 anni, come nell’ultimo grafico, dato che a
breve i bond emergenti possono essere depressi da fluttuazioni profonde di
qualche anno non compensate dall’elevata distribuzione, o dall’accumulo, di
dividendi/cedole. Diventano quindi strumenti volatili da usare giusto in
particolari strategie (es. difesa da svalutazioni di valute forti e simili):


Rischio Basso (a fine periodo voglio riavere innanzitutto i miei soldi!):
6-7% e non di più




Rischio Moderato (…se non sono tutti quasi!): 8-10%



Rischio Bilanciato (non voglio perdere tutto il capitale, ma voglio
puntare al contempo ad una buona crescita):
9-15%


Rischio Medio-Alto (voglio guadagnare, se perdo una bella fetta pazienza):
9-15% (ovviamente bilanciato da maggiore azionario)


Rischio Alto (ho creato un portafoglio massima crescita seguendo
speculative strategie):

da 0 a 1/3 del capitale a seconda della strategia
P.C. 09/10/2019

3 commenti su “Titoli di Stato di Paesi Emergenti”

  1. Buongiorno, la ringrazio per le preziose risorse che condivide con il suo blog. Mi conferma gentilmente che l'ETF blu scuro nell'ultimo grafico sia l'IEMB? Con quale piattaforma ha eseguito il confronto? Grazie 1000.

  2. Ciao, non abbandonare questo progetto, il tuo blog è fantastico.
    Ci sto navigando da una mezz'oretta, mi sa che devo cominciare a leggere un post al giorno finché non entro a regime.

    Ti ho conosciuto su FOL.
    Continua così.
    Ciao, Davide.

  3. Grazie a tutti per gli incoraggiamenti. Confermo che il titolo in blu scuro è iShares JP Emerging Market Bond in dollari (IEMB). Potete verificare i miei dati ricreando gli stessi grafici con Quantalys utilizzando la funzione 'confronta fondi' e gli ISIN. Quantalys in quella versione non tiene conto degli stacchi cedolari ma dell'andamento del NAV (ovviamente sperando che la piattaforma non sia tarocca, ma posso testimoniare sulla base di quote detenute in depositi titoli reali che l'andamento è quello). Un saluto!

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