Last Updated on 27/07/2024 by bowman
Il portafoglio PAN è un bilanciato classico (40% di azionario e 60% tra obbligazionario e liquidità) che ha scelto la strategia che più ha premiato nel 2020, l’ingresso con timing di mercato.
Cosa fa un investitore con una strategia tipo Pan? Mantiene la sua liquidità su asset a bassa volatilità fino ad attendere un momento di ‘panico’ sul mercato ed entra ben al di sotto dei valori medi (alle volte si utilizza la media mobile degli indici di mercato come parametro di misurazione) facendosi coraggio ed investendo nel pieno del panico.
Ovviamente non saprà mai quando il mercato finirà di scendere (cogliere il minimo è principalmente fortuna) e non saprà se questo panico è giustificato da un reale collasso dell’economia oppure, comunque, si assisterà ad un recupero nel breve termine.
Ci assiste, in queste analisi, più lo storico che il matematico o l’economista. Osservando la storia dei mercati finanziari notiamo che in un caso la strategia PAN ha fallito: nel 1929, dopo l’ondata iniziale e brutale di panico dei mercati l’economia è andata in depressione ed il mercato ha continuato a scendere per anni, tornando alle valutazioni iniziali dopo 14-15 anni, mentre nel 2008, o nel 2001 o nel 1987 etc… chi fosse entrato nel corso del panico, ben al di sotto della media degli anni precedenti, sarebbe andato in guadagno in breve termine, sicuramente prima del 2 anni e 3 mesi (un orizzonte temporale comunque molto breve per un portafoglio bilanciato) di PAN.
Teniamo conto anche che il consulente, anche nel caso di PAN, adopera alcuni accorgimenti:
1- Non entra su un solo mercato concentrando il rischio (ma anche il potenziale rendimento, se ad esempio PAN fosse tutto sul Nasdaq oggi avremmo una performance più che doppia), ma diversifica. Questo perché un singolo settore tematico (esempio i tecnologici) può impiegare un periodo molto più lungo per recuperare, o non tornare più ai massimi visti durante una “bolla”. Quindi se anche abbiamo citato lo ‘spauracchio’ del 1929, entrando al di sotto dei massimi, nel culmine del panico, con un portafoglio 40/60 diversificato su 25 asset diversi (dai conti deposito, al debito di paesi emergenti, alle obbligazioni societarie alle azioni svizzere) probabilmente in un orizzonte temporale di 2,25 anni non dico che avremmo riportato sicuramente lauti guadagni, ma probabilmente, pur nel mezzo di una depressione economica, difficilmente avremmo affrontato gravissime perdite, a fronte però di un’ottima potenzialità di guadagno consistente. Quindi il portafoglio che ci impone di fronteggiare il più grande nemico del mercato: la paura, razionalmente e consulenzialmente dovrebbe essere un “no panic”.
2- Non entra nel mercato, pur adoperando un ‘all-in’ secco a data prefissata (cosa che non è stata fatta con Cyrano, che mostra un altro metodo di gestione del panico) in maniera completa. Circa il 9% del capitale iniziale era stato tenuto libero per un’ulteriore correzione (teniamo conto comunque che PAN entra, a differenza di Cyrano, dopo uno storno superiore del 30% del MSCI World nel precedente mese) che riduceva ulteriormente il rischio di essere entrati ‘troppo al di sopra’ dei minimi di mercato, soprattutto con un portafoglio che, ricordiamo, è bilanciato (la potenzialità, storica, di discesa di un’asset allocation 40/60 non è certo quella del Nasdaq!).
In generale il consulente, gestore di un portafoglio, è ”raro” che abbia mandato da un risparmiatore di attuare una strategia come PAN, più propria di traders o di portafogli ‘propri’, perché la finanza comportamentale rimane uno scoglio eccessivo da superare. In generale però si possono fare tante piccole “strategie PAN” all’interno del portafoglio, non credendo di riuscire a ‘battere il benchmark’, ma perché si possono limare e perfezionare i prezzi di carico con un pò di calibrato ribilanciamento che tenga conto di un ‘panico’ anomalo.
Per trovare altri punti di ‘cesura’ in cui applicare strategie PAN non bisogna andare per forza al 2008, del resto: sia nel 2018 (-20% a dicembre), sia nel 2016 (gennaio), sia nel 2011 ci sono state scene di paura forti. Il problema è che capitano, comunque, ogni diversi anni.
Vengo, dopo questa lunga premessa, all’eccellente performance di PAN nei 7 mesi trascorsi dal 18 marzo 2020:
Considerando il conto deposito, scaduto in data odierna restituendo qualche decina di euro d’interesse, ed i dividendi netti incassati nel periodo, PAN ha realizzato una crescita di 21476,3 euro, pari circa al +21,5%.
Il migliore titolo, a sorpresa, non è sui tecnologici o sul Nasdaq, bensì il SPDR Emerging Markets Asia (IE00B466KX20) con un gain del +58,48%. L’unico investimento in perdita è l’obbligazione Banca IMI, che era anche a marzo molto difensiva sul corso dei mercati (stava a 99,6), ed ha subito il deprezzamento della valuta dollaro.
Il portafoglio di Pan era volutamente molto diversificato proprio perché la situazione di “quei giorni di marzo” era incerta su vari fronti, ed ancora non si sapeva se delle politiche internazionali coese sarebbero state messe in atto (ho diversificato, ad esempio, oltre che per settori, per singoli paesi, cosa che nel 1929 avrebbe aiutato non poco…).
Andando a fare un confronto tra fondi di primarie case d’investimento, “attivi” e con asset allocation simile a quella di PAN (40% azionario, massimo 50%), vado a vedere che generalmente la performance è stata meno efficiente in questa fase di ‘recupero’. Il motivo, oltre alle commissioni, lo riconduco probabilmente all’inefficienza di una gestione attiva che raramente o occasionalmente fa meglio di strumenti economici e passivi:
Ovviamente è ben accetta la segnalazione di fondi bilanciati 40/60 (globali, quindi non tematici o concentrati su uno specifico mercato/valuta) che abbiano realizzato una performance migliore (immagino che qualcuno ci sia, ma oggi non ne ho trovati).
La situazione finale di PAN al termine del primo rendiconto è la seguente:
Ciao Bow, grazie per il lavoro di educazione finanziaria e per l'impegno che metti nel portare avanti il blog, volevo farti una richiesta, sperando di non essere troppo sfacciato,
come immagineresti o imposteresti, sempre a titolo di esercizio teorico e in chiave educativa, un portafoglio ideale per gli anni venti a prova di cigno nero, a prova di inflazione galoppante e in considerazione della enorme trappola della liquidità in cui ci troviamo?
grazie in anticipo per ogni contributo
Premesso che non esiste il portafoglio "infallibile", ma anche che quasi tutti i portafogli diversificati con strumenti efficienti si rivelano infallibili dopo il giusto orizzonte temporale… teoricamente assicurarsi contro questi tre rischi: Cigno Nero, Inflazione e Trappola di Liquidità è possibile con strategie tipo MIDA: un mix di oro, strumenti indicizzati all'inflazione (molto rischiosi se però alzano i tassi e non è così galoppante!) e investimenti di lungo termine su asset reali (o anche "value"), evitando ovviamente di rimanere liquidi, stare sull'azionario che si basa su lucenti aspettative di mercato o sovraperformance da trappole di liquidità. Il problema è che non ti assicura da ALTRI rischi: e se invece l'economia si riprendesse? Dopo il 1918-1920 (in Italia noto come 'biennio rosso' eccidi di guerra, tumulti socio-politici e eccidi della Spagnola, oltre a restrizioni "assicurazioni alle vittime dell'epidemia" e blocchi produttivi) ci furono 10 anni di boom economico: il fordismo, le borse, i consumi di massa… culminati non a caso in una eccessiva bolla (1929). Era giusto giocare contro Cigni Neri, Inflazione (altissima in Germania, dove un pò d'oro ti avrebbe reso ricco, meno in USA) e trappole di liquidità? Sicuramente in un lungo termine sì: a livello ventennale l'oro comprato ai valori record della guerra mondiale (1918) nel 1938 (grande depressione) avrebbe avuto un apprezzamento eccezionale rispetto alla 'rendita italiana' dell'epoca. E' solo un esempio per capire. Un approccio oro-value (penso immobiliare, infrastrutture)-inflation linked a lunga duration se non azzecca il giusto momento storico può diventare da 'non guardare' per una generazione.